Il recente G7 tenutosi in Italia ha visto la "partecipazione speciale" del Papa, il cui intervento è stato accolto da molti (noi tra questi) come opportuno, oltre che benvenuto, al fine di allargare le prospettive di valutazione sui diversi temi di interesse globale, incluso quello del rapporto tra Etica e Innovazione.
Tra gli argomenti caldi esaminati dal Pontefice, non poteva di certo mancare quello dell'Etica della Artificial Intelligence, tema al quale Papa Francesco ha dedicato diverse riflessioni critiche, anche successivamente al discorso tenuto in occasione del G7.
In modo particolare, presenziando alla conferenza internazionale della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, il Papa è ritornato sull'argomento relativo alle implicazioni etiche dell'AI, quasi a voler meglio precisare quanto aveva detto poco prima nel suo discorso tenuto al G7.
Indubbiamente, delle due esternazioni, la seconda appare più convincente, fosse solo per il fatto che il Pontefice formula la domanda retorica chiedendosi "siamo sicuri di voler continuare a chiamare 'intelligenza' ciò che intelligenza non è?"
In altre parole, mentre nel discorso tenuto al G7, il Papa sembrava voler strizzare l'occhio ad una impostazione "di maniera", invalsa ormai tra i commentatori del settore, inclusi quelli appartenenti agli ordini religiosi, pronti ad accogliere con rassegnazione (quando non con intima convinzione) l'imminente avvento di "sorella AI", nel successivo intervento invece il Papa lancia "la palla in tribuna", chiedendosi se sia opportuno e sensato parlare di "intelligenza" artificiale, contrapponendola a quella "naturale", laddove in realtà l'unica autentica intelligenza di cui si può concretamente parlare è soltanto quella "umana, troppo umana"...
Con questa entrata "a gamba tesa" (per continuare con la metafora calcistica, di sicuro gradita al Papa, conoscendo la sua passione per il calcio), Francesco sembra sfilare la sedia da sotto al sedere a tutti quei volenterosi consiglieri, che nell'ansia di manifestare il proprio impeto propositivo, si rivelano spesso più "realisti del Re", finendo così col porre la questione dell'etica delle macchine dal punto di vista di quest'ultime, vagheggiando di fantasmagoriche "algoretiche", quasi che la questione riguardasse sostanzialmente una pretesa e non dimostrata "volontà algoritmica" autonoma e indipendente.
Se invece, come opportunamente suggerito dal Papa, la questione dell'Etica viene riguardata rivolgendo lo sguardo verso l'uomo, piuttosto che all'oggetto specifico di indagine (diversamente argomentando, dovremmo ipotizzare altrettante "etiche" autonome, quanti sono i diversi campi di azione), ci si accorge come tale approccio sia l'unico che consenta di prevenire la possibilità di una "delega in bianco" a favore delle macchine, nell'inopitato (oltre che insensato) proposito di trasferire le responsabilità, anch'esse "umane, troppo umane", ad oggetti inanimati e inconsapevoli che per loro natura, sono e rimarranno sempre "al di là del bene e del male"...
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