Purtroppo ci ritroviamo ancora una volta a dover commentare tristi notizie di attualità legate alla deriva della comunicazione, che dà origine all'ennesima gogna mediatica e agli esiti tragici che ne possono conseguire.
Ad essere coinvolti non sono soltanto i parvenu dell'informazione, che trovano nei social media il loro abitat ideale per inseguire quella visibilità che è fonte non solo di guadagni più o meno lauti, ma anche ragione d'essere per soggetti in cerca di una propria dimensione "professionale" (quando non esistenziale...) che pensano di trovarla recitando il ruolo di "influencer".
Stavolta nel "corto circuito" della visibilità sono rimasti invischiati anche i media tradizionali, anch'essi ormai alla ricerca spasmodica di una visibilità in gran parte perduta nell'intento di catturare l'attenzione del pubblico, ricerca che spesso si traduce nel rincorrere i social media, rimbalzando incautamente e precipitosomante le presunte "notizie" da essi condivise nel timore di arrivare secondi, e perdere così l'effetto annuncio.
Come spesso capita, si finisce così per rilanciare Fake News, o come nel caso in questione, "notizie" in realtà inesistenti (stentiamo infatti a considerare di "interesse pubblico", e pertanto a giustificare sulla base del diritto/dovere di cronaca, con tanto di "inseguimento" dei diretti interessati in stile "giornalismo di assalto", la pretesa di dover verificare la genuinità o meno di una recensione postata sul web da un avventore di una pizzeria locale, e della risposta che ne è seguita da parte dell'esercente...)
Pensiamo piuttosto di dover dar credito al noto detto popolare che ci ricorda che "la malizia è nell'occhio di chi vede", e che tale distorsione cognitiva induca di conseguenza ad attribuire agli altri la propria malizia, che nella fattispecie si traduce nel ridurre tutto a marketing e ricerca di visibilità, dando così per scontato che tutti debbano condividere e perseguire necessariamente tali "valori".
Al punto da diffondere il "sospetto" che persino un comportamento meritorio tenuto da un esercente di una pizzeria (come quello di postare un commento a favore di persone discriminate, in risposta ad una recensione improvvida di un avventore), sia in realtà motivato soltanto dal bieco tornaconto commerciale.
Questo la dice lunga sull'imbarbarimento di certa pseudo-informazione, questa sì ispirata alla ricerca esasperata della visibilità, costi quel che costi...
Se poi tale meschinità fa corto circuito con la gogna mediatica contribuendo ad aizzare i webeti che frequentano i social media, la tempesta perfetta diventa inevitabile (in ossequio ancora una volta alla saggezza popolare, che ammonisce "chi semina vento, raccoglie tempesta"...)
Peraltro, fintantochè nel tritacarne mediatico ci finivano solo personaggi dello spettacolo, si poteva ancora credere ad un "gioco delle parti", più o meno edificante.
Ma quando il "recinto di protezione" viene rotto, e ad essere coinvolte sono anche le persone comuni, le quali verosimilmente non sono attrezzate a gestire psicologicamente (oltre che mediaticamente) il peso della gogna, allora vengono meno tutte le pseudo-giustificazioni e il velo di ipocrisia che le circonda, a cominciare daĺla pretesa "neutralità delle piattaforme".
Giustificazioni che si traducono pertanto in alibi autoassolutori che tradiscono il tentativo maldestro di rigettare le responsabilità, in primo luogo morali, che inevitabilmente seguono da tanta superficialità e cialtroneria...
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